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La filosofia politica di Hannah Arendt

1. Introduzione
2. Totalitarismo e Rivoluzione
3. La Politica
3.1 L'opera
3.2 Il lavoro
3.3 L’azione
3.4 Excursus: Teatro
3.5 La natività
3.6 Il CHI 
3.7 Il potere e lo spazio di apparizione
3.8 Excursus: Teoria del contratto e femminismo
3.9 Imprevedibilità è narratività
4. La politica, la teoria di campo e la comunicazione
5. Riassunto
6. Bibliografia



3.8 Excursus: Teoria del contratto e femminismo

La definizione arendtiana di potere come accordo di più volontà può essere intesa quale variazione della teoria politica contrattuale. L’accordo può di fatto essere concepito come un contratto, un contratto alla fine di un processo politico. Il pensiero di Hannah Arendt si differenzia sostanzialmente dalla teoria contrattuale. I teorici della teoria contrattuale come ad es. John Rawls tentano, partendo da una condizione originaria, di dedurre quali situazioni giustificare e quali no.(1)

La matematica della giustizia impiegata ci porta a concludere che la società prende decisioni in maniera tale che nessun membro si senta costretto a lasciare la comunità.. Presupposto e base di ogni teoria contrattuale è l’esistenza di relazioni tra i firmatari del contratto. Per giungere a quanto descritto da Rawls bisogna quindi mettere in moto dei processi secondo la descrizione arendtiana. Un contratto presuppone necessariamente la politica, di cui è il risultato, mentre la politica può esistere anche senza contratto; sebbene un contratto, una volta stipulato, influenzi ulteriormente la politica.

Le teorie contrattuali della politica hanno uno svantaggio di non riguardare il processo politico in quanto tale, piuttosto la creazione di leggi e diritti, non rifacendosi a uomini bensì a persone ipotetiche inserite in un contesto ideale. E quando il filosofo finisce di contemplare per realizzare i suoi ideali, si vede confrontato da una situazione che non corrisponde alla sua teoria, cioè la politica. Ha argomenti da usare nel confronto politico, ma di quest’ultimo egli non sa nulla.

Sarebbe errato mettere in competizione la Arendt con Rawls. I due pensatori trattano di cose diverse Mentre le teorie contrattuali tentano di giudicare la giustizia o l’ingiustizia di una situazione politica partendo da una condizione originaria, la Arendt tenta di descrivere le condizioni di processi politici reali e determinarne i principi ultimi.

Di seguito propongo di interpretare sperimentalmente questa differenza di pensiero come una differenza condizionata dal sesso. Riporto qualche citazione da una pubblicazione femminista che mi hanno stupito: (2)

Entrambi… riconoscono così la necessità di un accordo, ma mediata in modi diversi, lui dal sistema logico e legale, lei personalmente, tramite la comunicazione nelle relazioni.

La Arendt considera il problema della politica tutt’altro che in maniera contrattuale e presuppone alla sua soluzione un pensiero contestuale, narrativo, non formale e astratto (3). La differenza sta nel fatto che la Arendt

Parte da un mondo che è fatto non di singoli ma di relazioni, un mondo tenuto insieme dai legami umani e non dalle regole.

Il mondo [della Arendt] è un mondo di relazioni e verità psicologiche in cui la realtà di un legame tra gli uomini porta a un riconoscimento della reciproca responsabilità.

[Questi presupposti] non mettono gli attori in condizione avversaria, in lotta per la conquista dei diritti, ma li rendono appartenenti a una rete di rapporti dalla cui durata tutti dipendono. La loro soluzione del problema sta in un’attivazione corrispondente della rete tramite la comunicazione, in cui [la libertà di azione] viene assicurata non da un’interruzione ma da un rafforzamento dei legami.

E dall’altra parte(4):

Ciò che Rawls sostiene, (…) una società i cui cittadini si rifiutino per scrupolo di giustizia di forzare le istituzioni, non può essere giustificata pubblicamente e correttamente

Le relazioni (nel senso di appartenenza ad un’istituzione) sono avvertite come minacce, mentre per Hannah Arendt costituiscono le basi irrinunciabili della politica. Così Hannah Arendt e John Rawls difendono due tipi differenti di relazione: la prima, in quanto donna, quella altruista; Rawls, uomo, quella avversaria.

L’importanza delle citazioni riportate sta proprio in questo: non parlano né di Hannah Arendt né di teoria contrattuale. Sono piuttosto un’indagine psicologica sulla morale femminile contrapposta a quella maschile. Le ho lievemente cambiate, aggiungendo o mettendo (come ho fatto notare) per rendere l’impressione che ne ho avuta: i risultati psicologici sui presupposti morali legati al sesso si vengono interpretati come un’indagine comparativa su Hannah Arendt e la teoria contrattuale. Nella prima citazione non si parla di filosofi ma di due bambini di undici anni. Un ragazzo e una ragazza vengono interrogati riguardo a una questione morale, e le loro risposte si differenziano in modo analogo al pensiero arendtiano nei confronti della teoria del contratto. Mentre le risoluzioni che partono da donne si concentrano sulla comunicazione e avvertono l’individualità come pericolosa, per gli uomini è il contrario: l’uomo è libero e sicuro quando è solo, i rapporti con altri sono una minaccia(5). Si potrebbe sintetizzare il tutto in una pregante differenza tra il pensiero femminile e quello maschile, che domina nella nostra società patriarcale.

La particolarità di Hannah Arendt è che espone il suo pensiero femminilmemte improntato in un mondo maschilizzato con una consapevolezza senza precedenti . L’opera di Carol Gilligans The Other Voice, a cui faccio riferimento ha fatto nascere una discussione controversa e dalle molteplici sfaccettature nell’ambito della filosofia femminista. Le constatazioni dell’autrice sui reali schemi morali femminili hanno portato la questione sul campo di un etica femmine teoricamente fondata. Analogamente è stato pubblicato un volume che riassume questa discussione, che ormai va avanti da 10 anni.(10) Le autrici del detto volume non trattano di Hannah Arendt, sebbene le teorie della Gilligan su un pensiero sessualmente differenziato sembrano coincidere con quelle arendtiane. Ciò potrebbe avere più ragioni, anche se il disinteresse è reciproco: le femministe non si interessano di Hannah Arendt e Hannah Arendt non si occupa minimamente di femminismo. L’unico scritto da lei pubblicato sull’argomento è una recensione del 1932 che però non dice niente di determinante (7).

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Note:
  1. cfr. Peter Koller, Die neuen Vertragstheorien, in: Politiche Philosophie des 20. Jahrhunderts, pubbl. da Ballerstrem, München 1990, pag. 281-306.

  2. Carol Gilligan, Die andere Stimme, München 1984, pag. 42

  3. Ibidem, pag. 30

  4. Thomas W. Pogge, Rezension zu John Rawls, Die Idee des ploitischen Liberalismus, in: Zeitschrift für philosophosche Forschung vol. 47 (1993), pag. 317-320, pag. 319

  5. Gilligan, pag. 50 e seg.

6) Jenseits der Geschlechtermoral. Beiträge zur feministischen Ethik, pubbl. da H. Nagl-Docketal und H. Pauer-Studer, Frankfurt/M. Settembre 1993

  1. Discorso di Alice Rühle-Gerstel, Das Frauenproblem der Gegenwart, in: Die Gesellschaft (Berlin), vol. 10, 2 (1932), pag. 177-179

I rinvii sono riferiti alle edizioni tedesche.


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aggiornato: 29.06.2006